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Ciao Fabrizio, ci parli di quando inizia la tua avventura col calcio? Ero un ragazzino di circa sei anni, piuttosto corpulento e con qualche piccolo problema di asma, quando dissi a mio padre, anch’egli buon portiere a livello dilettantistico, che mi sarebbe piaciuto abbinare il calcio alla piscina, che già praticavo fin da piccolo. Per pigrizia scelsi il ruolo di portiere e col tempo divenne la mia passione. M'iscrissi alla scuola calcio Centro Reggio Junior. Al mattino andavo a scuola, il pomeriggio mi allenavo e la sera davo una mano al tabacchino di mio padre; mi piaceva molto quel periodo della mia vita. Ricordi la tua prima partita? Giocavo nei pulcini. Ricordo che entrai nel secondo tempo sul risultato di quattro a zero per la mia squadra, alla fine della partita per poco non perdevamo. Ammetto che agli inizi non ero proprio bravissimo. C'è un ruolo oltre a quello di portiere, in cui ti destreggi bene? Mi piace molto fare le partitelle a centrocampo, davanti alla difesa, ma non ho le caratteristiche adatte per riproporlo la domenica nelle partite ufficiali; per cui lascio che sia solo un divertimento durante la settimana. Ci racconti come sei arrivato all'FC Syrianska? Dopo diversi anni di professionismo decisi di scendere per qualche mese tra i dilettanti. Il procuratore Domenico Mafrica aveva visto qualche partita e fu uno dei pochi a scommettere su di me proponendomi di andare in prova in Svezia tramite il talent scout della sua agenzia Fredrik Bägerfeldt, che mi ha accolto in casa come uno di famiglia. Presi un aereo in estate e dopo qualche giorno di prova arrivò la proposta di contratto dal Syrianska. Fu un grande giorno che ancora oggi ricordo con grande soddisfazione e felicità. Hai incontrato difficoltà ad ambientarti? Per nulla. Mi hanno fatto sentire tutti a casa sin dal primo giorno, e questo ha facilitato e velocizzato il mio processo di ambientamento nella mia nuova avventura. Mi hanno aiutato con la lingua e mi hanno insegnato a muovermi in questa nuova realtà. Non smetterò mai di ringraziarli. Hai riscontrato differenze rispetto al calcio italiano? La differenza sostanziale credo sia il modo in cui viene vissuto il calcio: con grande leggerezza ma non per questo con considerazione inferiore, infatti quello calcistico a livello giovanile è un movimento in netta crescita in questi ultimi anni in Svezia. È un piacere vedere allo stadio intere famiglie a tifare la propria squadra. Stadi creati a misura per le famiglie stesse, con servizi d'ogni genere mantenuti in maniera civile e curati al dettaglio. Stadi pieni nonostante il freddo, televisioni pronte a riprendere anche partite di League One o League Two (Serie C e D). Per quanto riguarda l'aspetto tecnico le differenze stanno tutte sulla corsa e la tattica: le squadre svedesi corrono nettamente di più rispetto a quelle italiane che invece sono decisamente più preparate dal punto di vista tattico. Per il resto il livello generale si sta pericolosamente avvicinando, specie in questo periodo di grave recessione del calcio italiano, basta notare la distanza ormai minima nei vari ranking europei. Tu arrivi dal calcio dilettantistico, pensi vi sia qualcosa da correggere in questa categoria? Credo sia molto pericoloso per il momento affidare le squadre dilettantistiche a finti presidenti non a portafoglio. Non è possibile sperare di affrontare intere stagioni solo grazie all'aiuto degli sponsor, come non è dignitoso lasciare soli tanti presidenti che non ricevono nessun tipo di sostegno dalle istituzioni comunali. Credo sia opportuno introdurre le fideiussioni di inizio stagione anche nelle categorie dilettantistiche, coi dovuti parametri, così da potere assicurare ai tesserati che chiaramente non sono contrattualizzati un minimo di garanzie per quanto riguarda i vari rimborsi. L'altra faccia della medaglia sono poi gli affitti vergognosi che le società sono costrette a pagare alle istituzioni comunali: è necessario buon senso in questo periodo di crisi, se non si vuole far morire il calcio dilettantistico. Infine, credo sia inaccettabile nel 2015 permettere alle società di giocare ancora nei campi di terra. Del calcio italiano in generale, che pensi? Ti rispondo facendoti un esempio che mi riguarda in prima persona: giocavo nel Sorrento, avevo già tre o quattro anni da protagonista tra i professionisti. Al termine del contratto, il presidente della Federazione di Lega Pro decise di introdurre le regole sul minutaggio dei giovani. Le società che avrebbero adottato tale minutaggio sposando questa sollecitazione avrebbero ottenuto di diritto, l'accesso ai contributi della Federazione stessa, illudendo migliaia di giovani calciatori che giocavano in determinate categorie solo perché nati nell'anno x o y. Di colpo divenni, a 23 anni, un giocatore ritenuto anziano per la categoria, e nessuna società professionista decise di puntare su di me, se non con il beneficio di uno "sponsor", cioè un giocatore porta dieci o venti mila euro e loro ti fanno un contratto; in tal modo ti metti in mostra, ma gratis, o meglio pagando. Morale della favola, fui praticamente costretto a ripartire dai dilettanti, fortunatamente solo per qualche mese perché poi arrivò la proposta dello Syrianska. Cosa posso pensare del calcio italiano? Penso sia lo specchio della situazione generale dell'Italia. In questo periodo, la disfatta totale della meritocrazia. Un ragazzo come me, come tanti altri, è costretto ad inseguire il proprio sogno lontano, e sempre con la valigia pronta. Sono molto deluso, ma allo stesso tempo felice, perché in questo momento è fortunato chi ha la possibilità di vivere un'esperienza lavorativa fuori dal paese. E a proposito della squadra della tua città, la Reggina Calcio? Ci ho giocato per cinque anni nel settore giovanile della Reggina fino alla Primavera, è la squadra della mia città; è chiaro che mi spiace vederla all'ultimo posto della terza serie però questa è la realtà dei fatti, e spero che con nuovi innesti di esperienza come Belardi, Aronica e Cirillo, riescano a mantenere la categoria. Credi che riuscirà un giorno a rientrare nella massima serie? Non lo so, me lo auguro per la città e i tifosi ma credo che in questo momento sia più opportuno pensare a non retrocedere in Serie D. Hai idoli calcistici? Sicuramente al primo posto c’è Gigi Buffon, che ho avuto la fortuna di conoscere e incontrare più di una volta; è una persona squisita oltre che un professionista esemplare. Un'icona per tutti i giovani portieri italiani, per me il più forte di tutti i tempi. Una volta facevo il raccattapalle al Granillo, ricordo che c’era un match Reggina-Juventus, e durante il riscaldamento gli chiesi se a fine partita mi lasciava la maglia. A metà del primo tempo si fece male e venne sostituito da Chimenti, ma mi mandó a dire da qualcuno di attenderlo fuori dallo stadio dove era parcheggiato il pullman della Juve. Uscì per ultimo, con una busta contenente la maglietta, ma non solo, all’interno di essa vi erano anche dei guanti, un pantaloncino e un cappellino. Lascio immaginare il mio stato d'animo. Che professione avresti fatto, alternativamente a questa? Se avessi proseguito gli studi di Lettere Moderne mi sarebbe piaciuto scrivere dei romanzi, che poi è quello che faccio per dilettarmi nel tempo libero. In Svezia dopo gli allenamenti mattutini scrivevo tutti i pomeriggi. Scrivere è la mia seconda passione dopo il calcio. Poi c’è la musica, amo particolarmente il rock anni 60-70. Mi sarebbe piaciuto scrivere per la rivista Rolling Stone per esempio, e seguire le band in tour e imparare i trucchi della chitarra, tra un articolo e l'altro. Avrei fatto questo, ma mi sarebbe anche piaciuto lavorare nel tabacchino di famiglia, ma fortunatamente faccio ciò che più mi piace quindi va bene così. Se ti venisse fatta una proposta dalla massima serie? Mi alleno duramente per questo, pure in questo periodo che per me è di vacanza. Non c'è stato un giorno, con la pioggia o col sole, in cui non mi sia allenato con la mia vecchia squadra, per mantenermi in forma in attesa della prossima partenza, che dovrebbe avvenire a giorni. Io credo in quello che faccio, sono ambizioso e so di valere molto di più perciò voglio sempre fare meglio, arrivare più in alto possibile. Ci sono tanti giocatori che, per sfortuna o demeriti, sono arrivati nelle massime serie in età avanzata, e a me la gavetta non spaventa. Voglio arrivare a quarant'anni con meno rimpianti possibili, e un bagaglio di belle esperienze di calcio e di vita. Grazie per la tua infinita disponibilità e gentilezza Fabrizio. Che tu possa continuare a realizzare tutti i tuoi sogni.
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Giugno 2016
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